FAIR e Valmet: un percorso di collaborazione verso una nuova certificazione sulla sostenibilità per la filiera della moda

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Una sinergia nata da lontano pensata per aiutare i clienti di Valmet ad affrontare un mercato che, mai come adesso, sta cambiando i suoi paradigmi. E che vede la sostenibilità (vera, non di facciata) come elemento-chiave per il presente e il futuro

FAIR è una realtà che gioca, e giocherà sempre di più, un ruolo fondamentale per le aziende che intendono affrontare il mercato facendo della sostenibilità un elemento di valore reale. Un’associazione no profit per la promozione della cultura della sostenibilità, dell’innovazione e della responsabilità di impresa che opera attraverso lo sviluppo di azioni, progetti e di iniziative di formazione condivise, innovative e ad alto impatto responsabile con il massimo coinvolgimento di stakeholder privati, pubblici e del terzo settore.
Dall’incontro con FAIR – che in dieci anni di attività ha collaborato, tra gli altri, con Centro Studi Italia-Canada, Confcooperative, CNA, Human-Age, Enel X, Università di Firenze e Università Europea di Roma – Valmet ha avviato un progetto mirato a offrire ai propri clienti una certificazione sulla sostenibilità, intesa come sostenibilità dei processi e dei prodotti.
Proviamo allora a capire meglio l’importanza di tale progetto e a inquadrarla in un contesto di mercato che, mai come adesso, sta cambiando i propri paradigmi.

La sostenibilità diventa sostanziale non più di facciata. Oggi fare impresa non equivale solo a fare profitti ma anche a creare valore per la comunità e la società. Quanto è vera questa affermazione e cosa potete dire a riguardo.

La possibile sostenibilità di facciata è un “limite” della prima versione del concetto di sostenibilità, quando prevaleva il profilo ambientale e di economia delle risorse ma senza modificare il modello di business delle aziende. Nelle successive elaborazioni del concetto si è pervenuti poi a considerare l’impatto della sostenibilità su tutta la catena del valore e, quindi, sul processo decisionale dell’impresa, già sapendo che nel nostro “presente-futuro”, sviluppo sostenibile e business tendono a coincidere, superando così quell’antagonismo profitto-ambiente (e società) che sembrava essere insormontabile.
Oggi la sostenibilità è economica, sociale e ambientale o non può considerarsi tale.

Tutto ciò implica un cambiamento che, sia pure gradualmente, sostituisce i vecchi archetipi con un nuovo modo d’intendere la realtà della produzione e del consumo. Il cambiamento – per scelta o costrizione che sia – non è facile ma è necessario nel contesto ormai delineato dal quadro regolatorio, dalle scelte della finanza internazionale, dagli orientamenti dei principali player dell’industria manifatturiera e dei servizi e, non da ultimo, dalle scelte dei cittadini che mai come adesso non sono consumatori passivi ma attori in grado di regolare le proprie scelte d’acquisto anche in funzione di tale tema.


Quali sono le implicazioni di questa nuova visione della sostenibilità e dell’economia circolare nel mondo del Fashion e nella sua filiera?

Sostenibilità ambientale “in primis” si legge decarbonizzazione della produzione di beni e servizi. L’economia circolare è una delle tre risposte possibili (quella indiretta) alla riduzione delle emissioni dei gas climalteranti più pericolosi. L’applicazione dei principi dell’economia circolare è di massima importanza per l’intero comparto della moda italiana, considerando in particolare la quantità di risorse sprecate e distrutte nell’attuale modello di business e le esternalità negative che questo produce. Per il sistema, costituito in prevalenza da medie e piccole imprese, non va assolutamente trascurato il fatto che le produzioni, non ubicate in unico sito produttivo ma diffuse sul territorio, consentono di prendere parte all’innovazione anche attraverso l’ibridazione virtuosa di filiere, distretti e reti cui partecipa l’impresa.


Come possono affrontare tale cambiamento le aziende?

Il cambiamento del modello di business da lineare a circolare nasce dalla consapevolezza della finitezza delle risorse ma con la certezza che non sarà più l’elevato tasso di sostituzione dei prodotti il driver della produzione dei consumi. Se ciò è vero – ed è vero – non c’è alternativa ad avviare il proprio percorso di cambiamento prima di essere costretti a farlo. Questo cambiamento, però, è tanto più efficace e virtuoso se riesce a coinvolgere tutti gli attori del processo produttivo e gli stakeholder. Nel territorio, in particolare, nasce la possibilità di sviluppare vecchi/nuovi lavori per il solo fatto che si accorcia la catena di produzione e si dà nuovamente valore alla qualità dei prodotti.


Innovazione quindi, di processo e di prodotto. L’industria galvanica che lavora per il mondo della moda può rappresentare un esempio che indica anche un’opportunità per sopravvivere in questo nuovo contesto di business?

Abbiamo già ricordato che l’innovazione di processo e di prodotto, se orientata dalla sostenibilità, non solo non è una minaccia ma diventa una straordinaria opportunità. Per le aziende galvaniche, i cui processi di lavorazione sono ad alto impatto ambientale, l’innovazione – e per essa l’applicazione dei principi dell’economia circolare – è l’occasione per rivedere e migliorare quanto necessario, ma anche per dare valore alle buone pratiche esistenti e svilupparne di nuove in senso economicamente e ambientalmente sostenibile.
In sintesi due sono le domande cui rispondere: Conviene all’azienda siffatto investimento di risorse umane ed economiche? È necessario certificare il grado di circolarità aziendale? Le risposte sono nei fatti. Applicare i principi dell’economia circolare conviene ove si consideri che, al netto di ogni altro beneficio, ogni azione è mirata a ridurre i costi attraverso il recupero di efficienza dal lato materia e dal lato energia: meno costi e più utili a parità di produzione. La certificazione di parte terza rende conto e convalida i risultati ottenuti dall’azienda, accrescendone reputazione, affidabilità e posizionamento sul mercato.

Cosa potete dirci circa la collaborazione tra Valmet e Fair? Come nasce, quali obiettivi si pone, quali vantaggi può offrire?

La collaborazione fra Valmet e FAIR nasce grazie alla partecipazione di alcune figure di Valmet a un nostro webinar sulla sostenibilità. L’interesse dell’azienda per questo tema è stato subito approfondito e siamo entrati presto in sintonia. Valmet ha voluto conoscere, formarsi e poter padroneggiare, anche da un punto di vista operativo, tutti i concetti che abbiamo esposto. La nostra collaborazione si è evoluta e consolidata portando alla:

  • Definizione di un progetto di innovazione e transizione ecosostenibile del gruppo Valmet. Il progetto si è sviluppato attraverso una fase iniziale in cui si è condivisa la strategia manageriale, una successiva in cui si è valutata la fattibilità del progetto e, infine, una fase di progettazione di massima: al momento sono stati individuato 5 progetti settoriali aventi un orizzonte temporale di 5 anni;
  • Messa in opera dell’attività di certificazione della circolarità (Valmet Plating e Valmet Refining acquisiranno la certificazione con l’obiettivo di estendere tale “buona pratica” alle aziende della rete/filiera del gruppo Valmet).
  • Avvio dell’esecuzione degli altri quattro progetti concernenti, fra l’altro, l’efficienza energetica, l’efficienza materiale, l’innovazione dei processi/prodotti e l’innovazione digitale, la sicurezza e la qualità dei materiali attraverso la riduzione delle sostanze pericolose e l’impiego di sostanze eco-friendly. Questi progetti hanno la caratteristica di essere “aperti”, cioè di considerare che nuove azioni e/o obiettivi potranno determinarsi in itinere.

E’ evidente che le scelte progettuali partono dalla constatazione che la transizione ecologica è la risposta all’insostenibile consumo crescente di beni materiali ed energetici.
In questo senso tre sono le direttrici del progetto: mitigazione degli impatti, circolarità e innovazione, sviluppo sostenibile in chiave economica, sociale e ambientale.

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